TORRE FORNELLO

Enrico Sgorbati è uno di quegli istrioni nelle cui vene, si giurerebbe, scorre vino anziché sangue. Un affabulatore il cui naturale talento rischia di oscurare il fatto che si tratta di un (preparatissimo) vignaiolo nato, categoria che come benissimo sanno i miei 25 lettori considero altrettanto rara che l’iridio.

Del resto l’ossessione per il vino, che nel suo caso, come nei casi migliori, è una di quelle totalizzanti, rappresenta la risposta agli interrogativi di una vita. Famiglia di vignaioli, gli Sgorbati, ma sostanzialmente terzisti, Enrico entra in azienda già nel 1992, ma ha idee diverse. È seminale un triennio a Tenuta Pernice, due passi da casa, dove apprende i rudimenti dell’arte di fare vino. Poi, già nel 1998, le sue visioni prendono la forma definitiva a Torre Fornello, tenuta dalle origini peculiari, in origine quattrocentesca, che la sua famiglia rileva già nel 1982.

Siamo, come nelle narrazioni più feconde, in quella terra misconosciuta ma dalle straordinarie potenzialità vitivinicole che è Ziano Piacentino, piccolo triangolo di Emilia baricentrico tra Lombardia e Piemonte, ad un soffio dalla Liguria. La vocazione è confermata dal ritrovamento di numerosi reperti di origine pre-romana, che suffragano le entusiastiche narrazioni sui vini di queste parti che ne fece soprattutto Lucio Calpurnio Pisone. Peraltro ad Enrico, consapevole di queste basi storiche, piace muoversi sulla sottile linea della sperimentazione, come confermato da una linea di etichette dall’impressionante livello medio, guidate dalla Malvasia di Candia, proposta sia secca che passita, che dall’altra uva-principe, la Bonarda, realizzata sia in sapide versioni secche che da appassimento in vigna.

Vini che beneficiano di eccellente controllo in cantina e lavoro di grande accuratezza in campagna, cui non è estraneo l’approccio biologico. Una chicca ulteriore è rappresentata dall’unica versione di Marsanne spumantizzata in commercio, l’Olubra. A chi fosse convinto dell’impossibilità di una grande viticoltura in Emilia, insomma, suggerisco caldamente un passaggio da qui.

Assaggi:

Spumante Metodo Classico Olubra 2014

Spiazzante per sapidità e tensione, con l’accortezza di un 10% di Malvasia di Candia raccolta anticipatamente a completare il blend. Attacco al naso di Marimo, cedro, pesca bianca, con bella iodatura finale. Succoso e persistente alla bocca.

Colli Piacentini DOC Donna Luigia 2018

Uno dei grandi classici di casa, prodotto fin dal 1999 con una ‘formula’ di grandissimo lignaggio enologico. Naso di acqua di rose, albicocca e litchi, con uscita di salvia fresca. Salato e persistente alla bocca.

Colli Piacentini DOC Una 2015

Malvasia mozzafiato prodotto miracoloso di un unico vigneto vinificato ed affinato in barrique per 13 mesi. Attacco al naso di riccio di mare, nettarina, tocchi di fiori di zagara. Bocca croccante, quasi edibile, persistenza sconcertante.

Ottavo Giorno 2014

Uno dei capolavori di casa, non a caso vino-feticcio di Jordi Cruz di ABaC, tre stelle Michelin di Barcellona, prodotto di vendemmia anticipata di Bonarda (forse uno dei vitigni più sottovalutati del panorama emiliano), poi appassita sui graticci. Melograno al naso, albicocca disidratata e tocco iodato, bocca di caramello salato e liquerizia.

Emilia IGT Zu 2018

Un prodotto unico da una vigna unica, a prevalenza Cabernet Sauvignon, vinificata ed affinata insieme, in solo acciaio. Lieve riduzione in ingresso, poi è solo clamorosa succosità e spalla acida, con lunghissima persistenza e chiusura sui toni dei piccoli frutti rossi.

Riccardo Corazza

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