
Chi ha familiarità con la professione che svolgo sa che una delle funzioni primarie di chi racconta storie è di farlo con la maggiore onestà possibile, nel caso (beninteso, sono i momenti migliori) sovvertendo paradigmi ossidati. Uno dei più frequenti in cui mi imbatto è quello che circonda il Lambrusco, tematica che per noi Emiliano-Romagnoli è geneticamente vicina al cuore, tuttavia oggetto, storicamente, di ricorrenti campagne tese a sminuirne l’aspetto qualitativo. A parte che, in ambito di viticoltura moderna, quello che ci dovrebbe interessare dovrebbe essere semmai discriminare tra vini fatti bene e fatti male, non classificarne le tipologie naso all’insù, determinando quelle ‘nobili’ e quelle ‘meno nobili’. I gusti sono gusti, soprattutto per quanto riguarda il vino è sacrosanto che esistano momenti ludici a cui appartiene un certo tipo di consumo, e momenti riflessivi a cui ne appartiene un altro, senza classismi. In quanto ad accompagnare le ore di convivialità, per l’appunto, direi che il Lambrusco non è secondo a nessuno. In ambito di evoluzione di una tipologia che ora, è indubbio, si trova in fase di grande rilancio, l’azienda Medici Ermete è una di quelle che permette di riavvolgere il nastro con maggiore soddisfazione.

Si parte dalla fine degli anni ’80 del 1800, quando Remigio, il capostipite, proprietario di diverse osterie di successo, decide di iniziare a produrre vino, non con l’idea di venderlo nei propri locali, ma inseguendo, fin da subito, obiettivi qualitativi. Non dimentichiamoci che successivamente, negli anni ’60 del 1900, il Lambrusco è presente nelle carte dei ristoranti che contano, anche all’estero. Sono poi scelte stilistiche discutibili, unite al crollo del mercato successivo alla scandalo del metanolo, a frustrarne la parabola ascendente. L’arrivo di Alberto, negli anni ‘90, imprenditore che tanto ha fatto per la storia della tipologia, segna il ritorno all’idea di grandezza, sia per l’azienda che per la tipologia.
Medici quindi ha ripreso a pensare in grande, iniziando progetti lungimiranti, conditi da forti investimenti in cantina e sulla filiera ma, soprattutto, in campagna, dove lo ‘sprint’ verso la certificazione è lanciato dal Concerto, bio fin dalla vendemmia 2020. Idee (modernissime) di cru, al tempo ignote alla tipologia, rendimenti dimezzati rispetto a quelli tradizionalmente ottenuti, vinificazioni in purezza e (non ultimo) una serie di bottiglie che rievoca, anche nei nomi, i fasti della Grotta Mafalda, quel Covo Verdiano dove gli artisti e i melomani erano soliti ritrovarsi dopo gli spettacoli, per suonare fino all’alba, accompagnandosi con robuste sorsate di Lambrusco ‘fatto bene’.

Del resto Alberto, oggi ancora più fortemente grazie alla spinta del figlio Alessandro (che rappresenta la quinta generazione di famiglia) ha sempre avuto un debole per la sperimentazione, come conferma la nutrita linea di etichette, tutte riuscite e tutte peculiari, come dovrebbe essere, con una ben precisa tendenza a spostarsi verso il Metodo Classico, a base ovviamente Sorbara, uscendo dalla DOC e di fatto esplorando i limiti della tipologia. Ciò di cui sono profondamente convinto è che in questi 75 ettari, dislocati tra le colline della val d’Enza, provincia di Reggio Emilia, e i dintorni di Modena, nella pulizia di fattura e nelle idee brillanti di imprenditori capaci, senza paura di rischiare, come è da sempre la famiglia Medici, ci sia molto della strada da percorrere nel futuro.

Assaggi:
La produzione di Medici si muove con grande equilibrio a cavallo tra bottiglie tutto sommato tradizionali e di grande impatto come l’Assolo (riuscito blend di Ancellotta più Salamino), il grande classico del Concerto, cru di Salamino da Tenuta La Rampata, un successone dal naso di fragoline di sottobosco e tempra balsamica irresistibile, che dura dalla prima release, del 1993, a piccole produzione molto ricercate, su cui oggi spiccano l’ancestrale Phermento, Sorbara in purezza dal naso di ribes rosso, con tocchi di gelsomino e tiglio, una bocca iodato-salmastra, persistente, con ritorno fruttato-officinale, e il raffinatissimo Spumante Metodo Classico Rosato Unique, da Lambrusco Marani in purezza. Un vino che sa di melagrana, con sfumature di timo cedrino e mentuccia, bocca tesissima, di eccellente sapidità e persistenza.

Molto del futuro della cantina verrà giocato, come anticipato, sul Metodo Classico. In questo ambito proprio il progetto del Carezza, da Sorbara in purezza, è destinato a svolgere la funzione dello spartiacque. Vino di bevibilità e leggerezza, dal naso di lampone, ginestra e salvia limonata, ha bocca croccante e di bella tempra salmastra, con ritorno fruttato-floreale. Un vino eclettico, vero partner di abbinabilità a tutto pasto e compagno di ore leggere e chiacchierate sterminate, magari in un bel dehors, a godersi gli ultimi raggi di sole della giornata.
Riccardo Corazza