
Quando tutti noi ci riapproprieremo, e sarà una soddisfazione, della gioia di goderci l’esperienza immersiva del ristorante, vi suggerirò, tra le svariate tappe imprescindibili di questi mesi, di salire in Val di Sole, primariamente per beneficiare dell’impareggiabile spettacolo delle nostre Dolomiti in una delle migliori incarnazioni, e poi di fermarvi a Maso Burba, località Pian di Commezzadura, due passi da Malé e Dimaro.

Ci troverete tutto tranne una destinazione turistica, tanto è raffinato il lavoro messo in campo dalla famiglia omonima in termini di creatività e capacità di attualizzare la ricca cucina locale.

Famiglia di ristoratori, i Burba, prima con il seminale La Stube a Croviana, che personalmente collego ad una delle epifanie alimentari più memorabili dei miei anni giovani, quando la Madeleine fu servita innumerevoli, insaziabili ed impeccabili volte sotto forma di gnocchetti al gorgonzola, poi nella sede attuale, dove prima sotto la guida di papà Arrigo e mamma Claudia, successivamente in autonomia, dal 2018, con il solo Gianpaolo (l’altro figlio, Roberto, dopo avere lavorato a fianco di Alfio Ghezzi a Locanda Margon, ora ha trovato casa ai fornelli di Mas dei Chini, Trento).

Il percorso sviluppato da Gianpaolo, coadiuvato in sala dalla moglie Paola, ma in generale riuscendo a coordinare un meccanismo ristorativo di impressionante piacevolezza, ha davvero le stigmati del ristorante dal passo superiore.

Niente, delle preparazioni dei piatti che sono arrivati in tavola, è sembrato in fase di sperimentazione, sapori chiari e fragranti, decisi, accostamenti ambiziosi a leggerli sul menù ma in realtà animati dal cuore flamboyant della materia prima di eccellente qualità trattata con rispetto, ritornello che non farebbe male ripetersi, tra sé e sé, ogni qualvolta ci si mette ai fornelli.

Due salette, una al piano inferiore, romanticissima e intima, una al piano superiore, con la stube d’ordinanza, che è elegante, confortevole e raccolta.

Doppio amouse-bouche da delirio, accompagnato a pane e burro salato semplicemente perfetto, antipasto di fiori di zucca in tempura, menta e limone, pesto e pomodoro che è leggera magia voluttuosa e fragrante, accompagnata da un’insalatina decomposta fresca e crispy, ravioli dal plin, vitello, crema al Trentingrana broccoli e acciughe del Cantàbrico che mi ricorderò vita natural durante per l’equilibrio aromatico del ripieno e per la gustosità del brodo in cui erano immersi, petto di faraona, asparagi verdi e purea di sedano rapa spettacolarmente baricentrici tra morbidezza della cottura e cremosità del fondo bruno, freschezza impareggiabile delle punte di asparago e del purè, per poi concludere con un filetto di branzino all’amo in guazzetto di mare, cornetti e patate viola spettacolare.

Caffè e dolcetti di casa, nemmeno a dirlo, ottimi. Coordinamento della sala di livello superiore, si vede il lavoro attento e premuroso svolto anche in fase di allineamento delle procedure, carta dei vini orientata (e come potrebbe essere altrimenti?!) sulle prelibatezze locali con ricarichi più che corretti, spesa davvero nella norma per livello della cucina e servizio.


Aggiungo solo una cosa, che per me è un bonus. Nessun appesantimento, nessun fronzolo inutile, nessuna parola di troppo, un pranzo o una cena che scivolano via lisci lisci, sprofondati nel piacere senza frenesie di una chiacchierata di buona qualità, sicuri, anzi, certi, che tutto ciò che uscirà dalla cucina sarà altrettanto accurato e confortevole.
C’è bisogno di aggiungere altro?
Riccardo Corazza