
Che poi se vogliamo la Locanda e Cantina Le Quattro Terre di Corte Franca, in Franciacorta, è una delle innumerevoli conferme all’adagio che questa nostra bellissima terra bisognerebbe camminarsela tutta (in alternativa, una affidabile utilitaria può fare alla bisogna) tanto è variegato il panorama di ricchezza enogastronomica covato e molto spesso nascosto in ogni piccolo angolo della Penisola.

Ecco, in questo caso il rigoglio e l’amenità della Franciacorta dovrebbero facilmente indurre a chiudere velocemente ogni pendenza, caricarsi in auto un cambio di vestiti e venirsi a godere aria e scorci di una terra (enoica, ma non solo) di indubbio valore, i cui vini raggiungono tutti gli angoli del mondo. A tale proposito Le Quattro Terre è anche cantina, a tavola mi sono allietato con un loro Brut di un certo spessore qualitativo, ma quello che mi ha impressionato è stata proprio la cucina.

Servizio in sala (visto il periodo si fa per dire, ovviamente si tratta di un dehors correttamente allestito, con tanto di pareti di plexiglas) cortese, attento e non eccessivamente formale.

Amuse-bouche che arriva tempestivamente ad accogliere l’ospite insieme ad una buona selezione di pani leggeri, grissini e crostini, ordino un primo piatto (che in realtà è un antipasto), animelle dorate, carota in doppia cottura, latte di mandorle, terra al cioccolato, e un secondo, capretto arrosto con riduzione e millefoglie di patate. Mi godo la leggera brezza serale di questo maggio/quasi giugno 2021 pazzerello, totalmente ignaro di quello che mi aspetta, perché quando si dice piatto ‘semplice’ o ‘bello nella sua semplicità’ mi sembra sempre che, inconsciamente, si preferisca il ‘vino del contadino’ volatile alta, ossidato, brettato ma sano, o la ‘cucina di mammà’, che è sempre, per definizione, la migliore al mondo.

No, quello che mi arriva nel piatto non è né semplice né immediato, anzi, è un tripudio di sensazioni derivanti da accostamenti arditi e preparazioni perfette, cottura delle animelle e delle piccole carotine al forno incredibile, passatina di carote e latte di mandorle, con la terra di cioccolato magnificamente aggregate, con il corollario di un’erbetta che non riconosco, che però sembra lemongrass, a sgrassare (alla fine, mi illumina il maître, erano insospettabili germogli di melone) di un tale equilibrio che ad un certo punto devo interrompere il mio trangugiare per essere grato a qualcuno o qualcosa per l’esperienza.

Il capretto è a sua volta disossato perfettamente, cotto incredibilmente, il ristretto è una specie di droga legalizzata, mentre la millefoglie è di una perfezione commuovente. Nel frattempo è arrivata la sera, penso che uno dei pochi aspetti positivi che ci porteremo dietro, di questo periodo, è che serate come queste, nella loro apparente semplicità, ci rimarranno stampate nella memoria come momenti straordinari.

Né caffè né ammazzacaffé, per oggi, nessuna intenzione di guastare quella ‘corrispondenza di amorosi sensi’ che avverto nello stomaco, ora solo sonno buono, e domani, come diceva il Poeta, (tante) ‘miglia da percorrere, prima di dormire’.

Riccardo Corazza