CANTINA DELAITI

La storia di Cantina Delaiti è una di quelle troppo succulente per non raccontarle. Negli anni ’20 del 1900 Aldeno, perla enoica trentina ribattezzata da Gino Veronelli “la Champagne d’Italia”, è lo scenario della romantica storia d’amore tra Giuseppina Borgognoni, ultima figlia di una – francofona – ricca famiglia di possidenti, e Gino Delaiti, uno dei suoi mezzadri. Si sposano, dall’unione nascono tre figli.

Più tardi, alla fine degli anni ’80, quando della casata è rimasto ben poco, è proprio Guido, uno dei figli, a sua volta prima manovale poi mezzadro, che riannoda il filo rosso della famiglia. Decide di produrre, e per farlo fonda un’azienda di 30 ettari complessivi, tra proprietà ed affitto, uve che conferisce alla Cantina di Aldeno. Ma la scintilla di quel filo rosso che a volte si chiama predestinazione a casa Delaiti è ancora vibrante, è come uno quei temi sinfonici che si  ripetono, con minuscole variazioni, all’infinito, tanto che il figlio di Guido, Igor, musicista professionista che con il suo fagotto in spalla ha girato mezza Europa, ne rimane a sua volta avvinto.

Nel 2016 la svolta: decide anche lui di produrre vino. A marchio. Utilizza i cru più vocati dell’azienda familiare per una produzione da vin de garage, 25 mila bottiglie sorprendenti, tutte caratterizzate dalla vena ‘beverina’. Soprattutto internazionali, versioni di Cabernet, Merlot e Pinot, Nero e Grigio, ma anche spumantizzati di eccezionale fattura, che stregano per succosità, tensione, assenza di gravami formali e per la croccantezza del frutto. Vini che, incredibile ma vero, Igor vende soprattutto in Alto-Adige, complice anche un iniziatico rapporto con Franzl Niederegger di 1000 e un vino, seminale enoteca di Bolzano. Segreti, se ce ne sono: garantire ad ogni uva la giusta cura, quindi grande lavoro in campagna, dove Guido e il fratello di Igor, Luca, provvedono ad eccellenti qualità di maturazione fenolica, poi microvinificazioni in cantina.

Il resto è il mistero del talento, che a volte, ma solo nei casi migliori, con lo stesso filo rosso connette chi produce a chi beve, in un sodalizio da applausi a scena aperta.

Assaggi, in ordine sparso:

Vigneti delle Dolomiti IGT Borgognoni Rosso

Mano sicura e spregiudicatezza conferiscono a questo azzeccatissimo blend di Teroldego e Lagrein dalla zona di Aldeno sapidità e impronta stilistica originalissima. Ciliegia sotto spirito, peonia, foglia di pepe, alla bocca succoso e persistente, finale su sentori di zest di arancia.

Vallagarina IGT Mercà Largo Rosso

Altro taglio mozzafiato, conferma di una sicura vocazione come di omogeneità di lettura. Bordolese, 40% Cabernet Sauvignon, 30% Cabernet Franc, 20% Merlot, con aggiunta del 10% di Teroldego, dall’equilibrio fatto soprattutto di erbe officinali, maggiorana, pepe verde, su frutto succoso, il ribes rosso. Finale altrettanto equilibrato, eccezionale bevibilità.

Vigneti delle Dolomiti IGT Borgognoni Rosa Pinot Grigio

Un vino che diventerà un esempio da textbook di come i Ruländer di Aldeno la possano ‘cantare’ ai cugini altoatesini. Bergamotto e lampone al naso, con tocchi di timo e lieve affumicatura, bocca salata, croccante, con ritorno officinale e fruttato, finale lievemente ammandorlato. Capolavoro.

Vigneti delle Dolomiti IGT Pinot Nero

Forse l’assaggio più inaspettato (in senso positivo) di giornata. Melograno, sfumature di alloro, sentori di ginepro e noce moscata. Bocca succosa, tannini magnetici, bellissima spalla acida senza forzature né eccessi. Una bottiglia da sola si rivela assolutamente insufficiente per un fabbisogno sensato.

Riccardo Corazza

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